Come si può proporre una forma di controllo del potere verticale in sostituzione di un’altra siffatta e poi definirlo cambiamento?

O, addirittura, mantenere una struttura verticalizzata e fortemente competitiva e sostituire dentro ad essa i “portatori di bandierine”, definendo, nuovamente, questo processo cambiamento?

Se non si modificano postulati e premesse, se il rapporto di potere che intercorre fra gli esseri è sempre il medesimo cosa potrebbe cambiare? E per quale motivo un potere millenario dovrebbe esimersi dal controllo assoluto se esso gli viene servito su di un piatto d’argento?

Il giochino delle tifoserie è vecchio come l’umanità ed un poco stupisce che il “gregge” ci ricaschi , puntualmente, inesorabilmente ogni volta.

Non è superbia o supponenza, non ci si ritiene migliori in quanto “svegli”, solo, avendo da tempo gli occhi aperti si descrive quel che si vede.

Scardinare ed invertire un pensiero, una scala valoriale, un “modus”, non è semplice, ognuno dovrebbe comprenderne la necessità per sé stesso e smettere, semplicemente di competere, consumare compulsivamente, di assumere a modello il peggio della natura umana, di accettare il giogo dei pochi che pensano d’essere gli unici eredi del mondo. Per sé, in quanto parte di un tutto. Per sé, in quanto elemento di una omogeneità infinitamente variegata.