Anche noi che ci definiamo “altri”, “coscienti”, “risvegliati”, che intessiamo peana sulla necessità di un “Mondo Migliore”, quanto siamo disposti a discutere davvero i nostri riferimenti? E quali sono quelli che mettiamo in campo?

Eppure ancora ci innamoriamo di icone santificate, cantanti, giornalai e scrittori di sistema abbondantemente sponsorizzati dalle Major, ancora ci riferiamo a “sapienti di sistema”, ancora pratichiamo la cultura condivisa riconoscendola come unica forma del sapere e cerchiamo in riferimenti libreschi la conferma delle nostre affermazioni.

Siamo ancora qui a menarla con l’ignoranza e la cultura, affermando che il sapere renda liberi, crediamo ancora che una laurea , ottenuta in una università sistemica abbia un valore assoluto.

Non abbiamo il coraggio di una cultura realmente altra dal sistema, ci abbiamo provato, negli anni della contestazione, per poi rientrare rapidamente nei ranghi del “sapere consacrato”.

Definendo neutre la scienza e la storia, assoluto il bagaglio culturale che come un giogo ci riporta costringendoci nell’alveo del sentire comune.

Opponiamo la sapienza di sistema al sistema stesso e perdiamo costantemente.

Ci inventiamo una neutralità impossibile del sapere, della scienza o della storia. Una oggettività inventata, una equidistanza della filosofia che non esiste.

Non è un discorso semplice, la frase fatta, secondo la quale,si debba conoscere la sapienza del nemico per opporsi finisce con il portarci fra le braccia del “pensierounico condiviso”.

In fondo ci scandalizziamo di chi non “conosce”, non sa, di chi non ha studiato, ma di cosa stiamo parlando e qual’è la reale sostanza del nostro raccapriccio? Quale l’assenza di cultura che tanto ci inorridisce?

Mi rendo conto scrivendo di inoltrarmi in una palude. Di toccare sensibilità e convinzioni radicate, ma provate a pensare ai motivi per i quali molti, decisamente troppi, pseudorivoluzionari siano “rientrati” nei ranghi del sistema, sino a diventarne guardiani, nel corso della lunga vicenda umana. Riflettete sui motivi e scoprirete che la “cultura condivisa” sia quasi sempre a fondamento di ogni pentimento. Che l’incapacità di svincolarsi, realmente, dal pensiero organizzato e dai riferimenti storico-filosofici sia la causa di ogni sconfitta.

Il pensiero altro è sempre stato perseguitato nel corso della storia, ogni religione ha lottato a spada tratta contro le scritture apocrife, definendo un’unica assoluta verità. Ogni congrega scientifica ha combattuto strenuamente i propri eretici; isolandoli, definendoli folli, compiendo così il medesimo misfatto. Omettiamo la ricerca storica, che si nutre del racconto del potere troppo spesso, persino per farlo notare

Sino arrivare all’oggi tempo in cui la saggezza assomiglia alla follia e la scienza diventa dogma.

Eppure “Il Cambiamento” con cui ci riempiamo la bocca necessita di un pensiero collaterale che segua nuove strade, di un bagaglio comportamentale che sia assolutamente innovativo e che permetta l’esplorazione dell’umanità nuova.

Questo significa ripudiare completamente il sapere e vivere nell’ignoranza? Niente affatto! Sarebbe quasi impossibile dato questo sistema, significa piuttosto non dimenticare mai dove siamo e lasciare spazio , reale, al nuovo che pure a volte si affaccia.

Significa cercare nei risvolti della storia non narrata, del pensiero condannato, dell’eresia rinnegata. Significa cercare i Giordano Bruno nella nostra vicenda umana, coloro che hanno davvero messo in campo una visione diversa del piano della realtà.

Accettare il “sentire” come forma di sapienza, cogliere nell’alveo della “cultura condivisa” quel poco che c’è, senza farci affascinare dalle sirene del sistema e della”normalità”. Difficile, quasi impossibile? Eppure necessario se davvero vogliamo cambiare qualche cosa, se vogliamo davvero una Nuova Umanità.