GABER ERA COME UN DEMIURGO, CREANTE TRAMITE MUSICHE E PAROLE, RELEGATO AD UN RAGGIO D’AZIONE INGIUSTAMENTE LIMITATO ALL’ELABORAZIONE SOGGETTIVA ED OGGETTIVA DELL’AMAREZZA PERSONALE E SOCIALE E DELLE FINTE FELICITA’ EROGATE DALLA SOCIETA’ DEI CONSUMI PER MITIGARE O ESASPERARE L’ALTERNANAZA NATURALE DI SONNO E VEGLIA

Una sorta di “saggio/omaggio” in versi su ed a Gaber, a partire dalle emozioni che mi smuovono due sue canzoni in particolare
Poco dopo mezzanotte
siedo al computer e sedo
le mie emozioni inquiete
e la porzione di spaziotempo di mia “competenza”,
l’Alprazolam e l’Atarax
iniziano a fare effetto,
ma non abbastanza, ancora,
da permettermi di lasciarmi andare al riposo
sulla Porta Dimensionale composta
dal materasso, dal cuscino, dal piumone.
Ascolto Musica
tragicomica laconicamareggiata
eppur
sempre frizzanteascensionale, in una qualche misura,
propedeutica se fatta funzionare
nel modo giusto a lasciar andare
il tarpaggio alare
subíto dall’Anima in un piano dimensionale
esperito in immemória, dopo l’ingresso in frequenza materica – carnale,
ed espresso, esperito in Canzone Teatrale
dall’autore immortale
che è
appunto Gaber.
Ho trovato per caso su YouTube
una versione live
della sua canzone “Un’Idea”
e mi rendo conto che il modo in cui
Gaber trasmette il senso
di fallimento personale e generazionale,
ed anche intergenerazionale
con questo epitaffio sonoro e lirico
vibra su una frequenza similare
a quella di un’altra sua canzone fondamentale,
“Quando E’ Moda E’ Moda” . . .
La versione di “Un’Idea” che ho trovato
differisce, sul piano musicale e a livello lirico
dalla prima versione che conobbi
quando trovai, anni fa, se non sbaglio
in un contenitore di libri e cd in offerta
non ricordo in un quale supermercato,
una versione semiufficiale, diciamo pure
“ufficiosa” della raccolta “Gli Anni Che Verranno”.
Un titolo che col senno di poi
e anche di prima oggettivamente
denota un palese
valore cassandrico scaturito
dalla sinergia tra l’amaro in bocca del cantante
e dagli esiti deludenti di molti
aspetti del nostro esperito collettivo.
Gaber era come un demiurgo
relegato, forse per propria scelta,
laicamente votiva ad un raggio
d’azione creativo piuttosto
limitato rispetto al suo potenziale innato.
Col suo Lavoro, secondo me, ha creato
un florilegio di parole e suoni
in cui si ostinò ad aggiungere
fiori veri in mezzo a fiori di plastica
di un mazzo ibrido tra
Saggezza Effettiva
e menzogne normalizzate
quali realtà medie.
Tristi eppur sereni capolavori
ci ha lasciato e ogni volta
che mi capita di riascoltare
appunto “Un’Idea”,
o “Quando E’ Moda E’ Moda”
capisco meglio il potenziale
di giocosità tacitato a
non – -gioco di gioia tacitata
non solo per l’avidità
d’una parte del potere
ma anche per la paura del gregge
di svegliarsi troppo rapidamente
e / o
intensamente.
L’ululato silenziato
di lupo ferito
che Gaber ha donato
a chi vuole capire
ed anche a molti dormienti
lascia intendere che anche mentre
viveva cambiamenti epocali
in “bene” o in “male”
inequivocabilmente tali,
tipo il ’68, le sue premesse
dirette e le dirette conseguenze
capiva parecchio
se, quando e quanto
tali cambiamenti fossero sinceri od artefatti.
Oltretutto
ho appena scoperto, o ricordato
che il suo lavoro cantautoriale è iniziato
anni prima del ’68 . . .
La sua missione di teatro-canzone
fu dedizione scevra da ogni
compromesso a sbattere realtà in faccia
ad amorfa massa massmediatica
massmediaticamente assediata
a metà strada tra
tradizioni a volte deliranti
e non comprovate storicamente
e una prospettiva di modernità inquietante
che sarebbe stata allettante
non solo virtualmente
se fosse stata portata
avanti con purezza,
autenticità
e spazio per un’equilibrata pluralità.
E
secondo me
è durato più di Pasolini
non perché si svendette
ma perché riuscì a “reggere botta”
alla furia e all’amarezza
in maniera più “zen”
dell’altro genio nostrano.
Inganno arcontico di Cronos
ferì e lasciò indenni al contempo
elementi non inquadrabili
in categorie strette
e per questo naturalmente immuni
alla frammentazione in diversificazione spaziotemporale,
e persone come Gaber o Pasolini
incarnarono una via di mezzo
tra chi fu assorbito
dall’inganno del tempo
e chi ne fu, appunto, immune . . . Almeno secondo me.
Vagabondo stanziale domestico
nei Reami di Morfeo
inizio ad accusare
la sedazione della terapia per dormire
ed il peso dei ricordi.
Per chiudere mi viene di scrivere
una battuta, o un’ idea di un possibile scherzo
che non fa granché ridere
ma che avrebbe potuto essere fatta, o fatto
da Gaber e / o da qualcuno
intorno a lui
se all’epoca fosse già esistito
internet con i suoi social forum:
visto che Gaber era abbastanza infastidito
dall’esagerazione dei presunti ribelli
dell’epoca nell’ostentare termini moderni
come status symbol culturali
o presunti tali – o comunque
tale attitudine gli smuoveva ilarità amareggiata
mi immagino una scena in cui
lui scherza con qualcuno
sull’all’epoca nuovo
termine “punto G”
e lui o il suo interlocutore
dice “visto che mi chiamo, o ti chiami
con nome e cognome che iniziano
per “g” potrei / potresti
creare un gruppo on line
di fans e di discussione
chiamato
il punto G.
AVEVO PREMESSO CHE NON FA TANTO RIDERE,
ma sta di fatto che
forse complice il sonno che ovatta la musica
ma ne amplifica anche a tratti il senso
ho avuto per un attimo la visione
di lui che esercita
la sua amareggiata ironia
pronunciando questa mezza cazzata
o di qualcuno che interloquendoci
utilizza un’ironia dolceamara / solido-surreale
più o meno speculare
alla sua. Ah, e sono quasi certo
del fatto che avrebbe avuto
più di una battuta
da riservare, ad esempio, alla lunghezza
dei titoli che non di rado
do a quello che scrivo,
alla scelta delle parole
e alla lunghezza stessa delle composizioni . . .
Tutto sommato
citandolo in chiusura
a volte ho “mangiato un’Idea”
e ho “fatto la mia Rivoluzione”
ma adesso serve connettersi
con le Rivoluzioni altrui,
con chi ha fatto la propria
o con chi almeno ci ha provato:
a volte serve connettersi,
a volte invece no,
serve mantenere e rispettare
dei momenti di eremitaggio virtuale
per salvaguardare gli esiti
non indifferenti
delle proprie Rivoluzioni personali.
Grazie, Dio / Dea, per questa opportunità.

Paolo “Assurdo” Paoletti