Dirvi che ci fu un tempo in cui ci ponemmo questa domanda, odora di nostalgia ed essa non ha molto senso in chi parla del vivere Qui ed Ora.

La domanda è antica; Cosa è un intellettuale, un artista, un artigiano del pensiero? Qual è il suo ruolo in una società complessa?

Sembra che la contemporaneità ci consegni molti guitti ed altrettanti buffoni di corte, uno stuolo di schiavi (o se preferite servi al soldo) pseudo sapienti che ripetono peana giustificativi e salvifici per questo sistema.

Scienziati teleguidati in ricerche utili alla logica del massimo profitto o peggio della guerra giusta, delle risorse infinite in un mondo finito, nella ricerca della immortalità dei pochi.

Sono realmente sapienti, possiamo definirli intellettuali solo perché suppongono di sapere?

La logica occidentalista e cristiana insegna loro a piegare il pensiero filosofico alla dimostrazione dei postulati che sorreggono questo sistema. Costruisce tutta l’impalcatura, partendo da premesse e postulati arbitrari ed indiscutibili.

Gli atenei passano “Il Sapere” premettendo l’accettazione di questi postulati. Gli artisti si muovono all’interno di un alveo pre-costruito, accettando di cantare e descrivere quel che è ritenuto vero. Limitandosi alla superficie e confondendo il dire con il narrare fiabe ritenute necessarie.

Quindi il ruolo dell’intellettuale è quello di memorizzare e ripetere ciò che è ritenuto vero? L’artista, dal canto suo, può modularlo e trasformarlo accettando però le premesse inalienabili e giocando sulla ripetizione di ciò che viene dimenticato? Lo scienziato ha forse il compito di ricercare solo se e dove conviene, dove questo gli rende emolumenti e riconoscimenti?

Personalmente non credo questo, forse deformato dall’essere passato dai sopracitati tempi delle domande difficili, credo che l’intellettuale debba proporre pensiero, inoltrarsi verso territori sconosciuti. L’artista debba mettersi in gioco anche andando controcorrente. Lo scienziato debba cercare in tutti i luoghi oscuri o non ancora in luce, per amore della scienza e non solo del denaro.

Accettare, se occorre, il marchio del paria, il rischio del rogo. Credo che debba accettare di guardare anche dove il potere non gradisce l’ingerenza. Il suo ruolo è propedeutico, dispensare la sapienza è il suo fine. Cercarla anche laddove essa venga nascosta.

Rappresentare la storia dei molti, narrare verità, non facendosi affascinare dalle scorciatoie, remunerative, del sentire comune e della difesa del potere.

Credo che debba avventurarsi nei mondi possibili, piuttosto che accontentarsi di descrivere ciò che è permesso. Suo compito è descrivere anche coloro che non hanno voce, cercare anche ciò che non è solo luce, sedersi dalla parte del torto. Proporre nuovi sentieri di quella che viene definita arte. Narrare la storia di chi nelle guerre andò e va per morire e non per vincere. L’intellettuale, l’artista ha il compito di pensare nuovi pensieri e non di ripetere quello che il potere definisce tale.

È rischioso ed il premio è spesso la solitudine, in molti casi il rogo o il manicomio, il ludibrio dei buffoni di corte, la derisioni degli scriba e dei pubblicani ben pagati, essere altro dal pensiero comune è la strada del nuovo ed la via dell’avanzamento della civiltà. Non furono mai i cantori di corte a cercare le nuove strade, quasi sempre fu compito degli eretici… e non è un caso.