Se mangi al banchetto del potere devi usare le posate che ti vengono date, non puoi portarti le tue da casa. È una slide che ho postato sui social che ha un chiaro significato. Stiamo sentendo mille ed una perorazione al voto europeo, anche da posizioni para-alternative, ma soprattutto da una sinistra indegna, senza vergogna che si appella ad una presunta diga contro un fascismo rampante, dopo aver praticato nel periodo psico-pandemico comportamenti e prese di posizione filo-naziste, dopo che, avendo avocato la sua tradizione pacifista, si schiera apertamente con il neo-nazismo ucraino e mantiene una posizione ambigua sullo sterminio a Gaza.

Cosa dovremmo votare e perché?

Quasi che il nostro voto spostasse qualche cosa, quasi che il parlamento europeo contasse qualche cosa oltre alla ratificazione pedissequa del pensiero della maggioranza Von Der Lyen.

Quasi che l’Italia traesse un qualsiasi vantaggio dal permanere nel consesso europeo.

Dovremmo votare per la guerra? E quand’anche lo facessimo, cosa cambierebbe il nostro voto? Dovremmo votare per consentire a quattro leader raffazzonati e patetici, d’una sinistra radicale dismessa o di presunti partiti del dissenso di sedersi comodamente, in poltrone d’assoluta ininfluenza?

Arrovellandoci sui nomi, secondo alcuni cosa fondamentale, senza calcolare che essi sono allineati in partiti che hanno espresso ed esprimono posizioni precise che sono atlantiste, guerrafondaie, europeiste e neo-liberiste?

Dovremmo avvalorare questo sistema? Affluire al voto affinché possano affermare di essere rappresentativi?

Loro farebbero quel che devono comunque, ci dicono. Esattamente! Lo farebbero anche con tre sciamannati travestiti da parlamentari, perché il potere non risiede in alcun parlamento di facciata, dovremmo averlo imparato ormai, ma se questo è vero… e lo è, oggettivamente (le decisioni importanti le prendono cerchie ristrette di non eletti); quale sarebbe il senso del richiamo al voto? Il progetto europeo non passa per il controllo popolare dal basso, non c’è mai passato né mai ci passerà a meno di non sradicarlo e modificarlo sostanzialmente.

Mark Twain affermò: Se votare servisse davvero a qualche cosa non ce lo farebbero fare! Oggi più che mai, anche a fronte di una classe politica vergognosamente corrotta e svenduta, questa affermazione acquista valore. A fronte dell’affermarsi del potere delle congreghe multinazionali, a fronte dello strapotere della finanza e delle banche ci viene imposta una riflessione indispensabile sul senso della partecipazione.

Questa dicotomia fra una falsa immagine di democrazia partecipativa ed una realtà da sempre elitaria ed oligarchica è quanto mai chiara, evidente. Cambiare bisogna, ma per farlo occorreranno scelte radicali ed un profondissima modificazione del sentire e del pensare, una maturazione spirituale profonda e necessaria, che modifichi il rapporto di potere e la sua percezione.

Non basterà certamente soddisfare il gioco delle urne, la pantomima di una partecipazione inesistente.

L’inganno tragico di un potere millenario che si traveste a seconda delle esigenze ed è pronto a qualsiasi nefandezza pur di sopravvivere.